Come ormai noto a tutti, Friedrich Merz non ce l’ha fatta: per sei voti non ha ottenuto la fiducia al Bundestag per il suo Governo di coalizione tra l’Unione dei conservatori Cdu-Csu e i socialdemocratici. È la prima volta dalla seconda guerra mondiale.
Immaginate se fosse successo in Italia, con quanta cortesia commenterebbero la cosa gli amici tedeschi…
Invece, il nostro obiettivo non è irridere il potenziale cancelliere e la forza che egli vorrebbe esprimere, ma fare un’osservazione più ampia del fenomeno politico che è alla base di questa disfatta senza precedenti.
Abbiamo assistito tutti a ciò che è accaduto in Romania dopo la sentenza - anch’essa senza precedenti- della Corte costituzionale, che ha cancellato l'esito del primo turno delle elezioni presidenziali in cui aveva vinto il candidato dell'estrema destra Calin Georgescu. Ebbene, Cinque mesi dopo l’annullamento delle elezioni, i romeni sono tornati alle urne per scegliere il prossimo presidente della Repubblica. Lo hanno fatto in un clima teso, segnato da fratture sociali profonde, una crisi economica in corso, e un’evidente polarizzazione politica.
A scrutinio praticamente ultimato, il leader del partito nazionalista AUR, George Simion, euroscettico e ammiratore di Donald Trump, ha ottenuto il 40,5% dei voti. Il suo rivale nel ballottaggio del 18 maggio sarà il sindaco centrista di Bucarest Nicusor Dan (20,9%), che ha superato di poco nelle preferenze il candidato della coalizione di governo, Crin Antonescu (20,3%). Simion, se vincerà, promette di nominare Georgescu primo ministro. D’altronde, Georgescu si è presentato al voto insieme a Simion, con l’obiettivo di rassicurare l’elettorato che tra i due politici c’è una buona collaborazione.
Nella sua prima intervista dopo gli exit poll, George Simion ha dichiarato al Financial Times che “in una democrazia bisogna che sia il popolo a decidere”.
Ma proprio questa idea solleva, specie ultimamente, interrogativi cruciali.
La teoria della democrazia difensiva - sviluppata negli anni Trenta da Karl Loewenstein - sostiene che un sistema democratico possa spingersi al punto di impedire a chi vince democraticamente di governare, quando si teme che metta a rischio la democrazia stessa. Secondo Loewenstein, la democrazia non può tollerare al suo interno movimenti che mirano apertamente a distruggerla. Per questo, deve dotarsi di strumenti giuridici e istituzionali per escludere tali forze, anche se godono di ampio consenso. Ai suoi tempi, la storia di Weimar e dell'ascesa del nazismo era li a dimostrarlo: l'eccesso di tolleranza verso i suoi nemici aveva reso vulnerabile la democrazia.
Oggi il mondo di Weimar non c'è più, ma - in omaggio a questa teoria - vi sono ancora costituzioni che “si difendono” da questi assalti.
Ed è così che si spiegano gli attacchi a Donald Trump, la condanna di Marie Le Pen, Georgescu e compagnia.
Ma, nonostante questa difesa dei detentori del “bene”, il popolo ha detto la sua ribaltando il risultato appena possibile (sono certa che la stessa cosa accadrebbe se Marie Le Pen potesse candidarsi).
Il punto fondamentale e’ quindi questo: chi stabilisce, e con quali criteri, chi è nemico della democrazia? Fino a che punto si può limitare la rappresentanza popolare senza snaturare il principio stesso di sovranità? Il rischio è che, nel nome della difesa dell'ordine, si finisca per usare gli strumenti della legalità contro il pluralismo. E che la democrazia, per paura di morire, smetta semplicemente di vivere.
E allora non è più democrazia ma democratica, ovvero dittatura mascherata da democrazia.
Non si difende la democrazia svuotando il voto.
Non si proteggono le istituzioni impedendo l'alternanza al potere.
La democrazia è tanto più forte quanto più riesce a vivere sotto la minaccia dei suoi “nemici”. E lo è davvero solo quando non ha bisogno di nascondersi dietro divieti, ma si affida alla forza del confronto, della parola e del voto. È la prova più dura - e più alta - per ogni democrazia autentica: accettare il rischio della propria imperfezione per non diventare caricatura di sé stessa.
Lorenza Morello
Giurista d'impresa
Presidente nazionale APM
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